Dal V-IV secolo in poi, l’Ellade fu costretta a misurarsi con
forme di guerra sempre nuove. I mutamenti delle condizioni politiche influirono
sulla diversità di condotta che gli eserciti greci osservarono, e con essa il
loro comportamento anche tattico.
Nel semplice scontro tra fanterie oplitiche su di un campo di
battaglia condiviso, non era prevista nessun tipo di tattica. Gli eserciti si
schieravano frontalmente ed iniziavano la spinta e lo scambio di colpi. La
manovra a tenaglia o l’aggiramento sui fianchi da parte di uno schieramento non
era previsto e, certo, sarebbe stato mal visto dai contemporanei, come nel caso
del generale spartano Lisandro (Plutarco, Vite
di Lisandro e di Silla, 7), che pur vinse molte battaglie.
Amazzonomachia del
Mausoleo di Alicarnasso, 353-350 a.C., conservato al British Museum di Londra (foto
Prisma Archivio).
L’aggiramento sui fianchi, quando si verificava, era dovuto ad un movimento non sciente, una azione inconsapevole frutto del normale slittamento verso destra, dovuto alla tendenza degli opliti di proteggersi con lo scudo del compagno di destra.
Oltre a proteggere i fianchi con la cavalleria, la tattica della falange antica andava poco oltre. Seppur regina incontrastata dei campi di battaglia, poco a poco i generali iniziarono ad individuarne alcuni punti deboli.
Un
primo e significativo esempio dell’evoluzione delle tattiche è rappresentato
dalla battaglia di Delio,
nel 424 a.C.,
tra Ateniesi e Tebani durante la Guerra del Peloponneso. In questo scontro, il
generale tebano risolse la battaglia grazie al sapiente utilizzo della
cavalleria come riserva tattica e della variazione nello schieramento oplitico
che porterà all’introduzione della falange obliqua. L’aumentato numero dei
ranghi della falange oplitica tebana fu sufficiente a spezzare la resistenza
della falange ateniese nel rispettivo settore di scontro.
In
questa battaglia, per contrastare la forza dello schieramento avversario, il
generale tebano Pagonda decise di rafforzare la sua ala destra, aumentando il
numero dei ranghi a 25 file. Per completare lo schieramento e uguagliare la
lunghezza di quello avversario, dispose sull’ala sinistra, già più debole, le
truppe dotate di armamento leggero.
Pagonda riuscì a disporsi sulla sommità di una collina all’insaputa degli Ateniesi. Quando questi se ne accorsero, si disposero frettolosamente, perché colti di sorpresa e su un terreno non adatto agli scontri oplitici, sulle usuali otto file.
Pagonda riuscì a disporsi sulla sommità di una collina all’insaputa degli Ateniesi. Quando questi se ne accorsero, si disposero frettolosamente, perché colti di sorpresa e su un terreno non adatto agli scontri oplitici, sulle usuali otto file.
Con
l’avvio dello scontro, la rafforzata ala destra tebana respinse lo schieramento
ateniese mentre all’estremo opposto l’indebolita ala sinistra tebana venne
sopraffatta dalla più forte ala destra ateniese. A quel punto Pagonda decise
inviare due squadroni di cavalleria a supporto dell’ala sinistra tebana che
colsero di sorpresa gli opiti ateniesi. Nello scontro perse la vita lo stesso
generale Ateniese Ippocrate, mentre l’intera ala destra di diede alla fuga. Il
centro dello schieramento ateniese vedendo respinta sia l’ala destra (dalla cavalleria)
sia l’ala sinistra (dalla rafforzata ala destra tebana) si persero d’animo e si
ritirarono a loro volta.
Le fasi della battaglia di Delio (424 a.C.) tra ateniesi e tebani. Ricostruzione ed animazione dell’Autore
Un punto debole della falange fu individuato proprio in ciò che era la sua forza. La falange era una struttura rigida, pesante, lenta. Proprio da questa osservazione e conscio dell’impossibilità di battere la falange spartana, il generale ateniese Ificrate pensò di attaccare la falange spartana senza ingaggiarvi mai lo scontro diretto. Egli utilizzò un corpo agile e veloce, dotato esclusivamente di armi da lancio. Questo corpo avrebbe sottoposto la falange avversaria ad un bersagliamento continuo con i dardi senza mai entrarvi in contatto.
Il
corpo in questione fu chiamato peltasti,
dal nome del loro scudo, la pelta. Corpo di schermagliatori, il loro armamento
leggero non prevedeva difese individuali, se non lo scudo in cuoio a forma di
mezzaluna, la pelta,
e a volte un elmo di tipo beotico che permetteva una visione superiore a quella
degli elmi corinzi in dotazione agli spartani. Il loro armamento comprendeva
solo un certo numero di giavellotti.
La tattica era quella di avvicinarsi alla falange, bersagliarla e ritirarsi continuamente, senza mai entrare in contatto con la stessa; viceversa essa sarebbe uscita distrutta qualora la falange spartana l’avesse agganciata.
La tattica era quella di avvicinarsi alla falange, bersagliarla e ritirarsi continuamente, senza mai entrare in contatto con la stessa; viceversa essa sarebbe uscita distrutta qualora la falange spartana l’avesse agganciata.
Ificrate
utilizzò per la prima volta questa tattica nella battaglia del Lecheo (391
a.C.), durante la Guerra di Corinto.
In
questa battaglia, una mora di
opliti spartiati venne assalita nella retroguardia più volte dai peltasti i
quali fuggivano, più veloci degli opliti perché privi dell’armatura, ogni qual
volta gli spartiati cercavano di ingaggiare battaglia. Continuamente bersagliati,
gli spartiati furono costretti prima a rifugiarsi su di una collina per poi
imbarcarsi rovinosamente per fuggire. Nella battaglia, della mora di 600 opliti, oltre 250
perirono.
Combattimento di guerrieri
e Dei, cratere del V sec. a.C., conservato al Museo Archeologico Nazionale di Atene.
Foto di Grant Mitchell.
Il secondo punto debole fu individuato dal generale tebano Epaminonda nello slittamento verso destra e nella rotazione antioraria del fronte, che probabilmente fu alla base della modifica dello schieramento tebano sul campo di battaglia di Leuttra, nel 371 a.C.
In questa battaglia che oppose spartani e tebani, il beotarca Epaminonda riprese la modifica apportata da Pagonda e la ribaltò, apportando una sostanziale innovazione nel proprio schieramento.
L’esercito
spartano, come al solito, era ordinato di fronte al nemico il cui fianco destro
era formato dalla parte più forte degli opliti. Il re spartano Cleombroto ed i
700 cittadini spartiati erano schierati su questo lato della falange.
Epaminonda,
partendo dalla convinzione che una falange più profonda avrebbe potuto
sconfiggere la falange spartana, decise di contrapporre all’ala destra degli
spartiati la sua ala più forte, puntando a contrapporre alla parte più forte
avversaria la sua parte più forte, per annientarla e creare scompiglio
nell’intero schieramento avversario.
Per metterlo in pratica, ebbe bisogno di rafforzare la sua ala sinistra, disponendo quindi la sua fanteria a scalare, da destra verso sinistra. La profondità dello schieramento tebano andò dai soliti 8 ranghi dell’ala destra (ora la più debole) fino ad una profondità di 50 ranghi all’estremità sinistra. In tal modo avrebbe contrastato il valore dell’ala destra spartana con il numero dei ranghi tebani.
Per metterlo in pratica, ebbe bisogno di rafforzare la sua ala sinistra, disponendo quindi la sua fanteria a scalare, da destra verso sinistra. La profondità dello schieramento tebano andò dai soliti 8 ranghi dell’ala destra (ora la più debole) fino ad una profondità di 50 ranghi all’estremità sinistra. In tal modo avrebbe contrastato il valore dell’ala destra spartana con il numero dei ranghi tebani.
A
rafforzare la sua ala sinistra, Epaminonda vi affiancò il Battaglione Sacro, 300 tebani
addestrati all’uso delle armi, non meno avvezzi degli spartiati stessi. Allo
stesso tempo, allo schieramento destro ordinò di rimanere arretrati e di non
ingaggiare battaglia.
La
tattica funzionò. Dopo gli scontri tra le cavallerie, dove quella tebana ebbe
la meglio, l’ala sinistra tebana sbaragliò le truppe scelte spartane.
Cleombroto ed il suo settore furono costretti a indietreggiare per la
superiorità della spinta tebana. Tuttavia, il re spartano aveva notato l’enorme
schieramento sull’ala sinistra tebana e mandò il centro dello schieramento a
rinforzare l’ala sinistra spartana. Accortosi della possibilità di accerchiamento,
il comandante dell’ala sinistra Pelopida, ordinò uno spostamento della falange
per contrastare l’arrivo degli spartani. L’azione venne bloccata, e gli
spartani dovettero cedere il campo.
Nello scontro, perirono 400 spartiati e lo stesso re.
Nello scontro, perirono 400 spartiati e lo stesso re.
Le fasi della battaglia di Leuttra (371 a.C.). Ricostruzione
ed animazione dell’Autore
La tecnica della falange obliqua venne riutilizzata e perfezionata fino alla battaglia di Mantinea (362 a.C.) che vide i Tebani e gli Argivi opporsi ai contingenti di Atene, Sparta e Mantinea. Il rafforzamento dell’ala sinistra portò nuovamente alla vittoria dell’esercito di Epaminonda, che però vi perse la vita.
Tuttavia,
l’aumentare dei ranghi richiede una modifica dell’armamento dell’oplita. Come
può, un fante distante dieci o più file dal nemico, colpirlo o aiutare gli
amici? Domanda, questa, che sicuramente si posero anche i contemporanei di
Epaminonda. Lo stesso Ciro il Grande se lo chiese, secondo Senofonte
(Ciropedia, VI, 3, 22).
La
risposta risiede nell’utilizzo di una lancia più lunga rispetto a quella
normalmente in dotazione agli opliti, in modo da aumentare il numero di punte
che escono dal proprio schieramento. Non certo tutti i 50 ranghi, ma in numero
crescente con l’aumentare della lunghezza dell’asta. Ma un’asta lunga necessita
non più di una mano per sorreggerla, ma di entrambe. Cosa che il normale oplita
non può fare, perché la sua sinistra deve impugnare il pesante scudo argivo.
Con
l’aumentare della lunghezza dell’asta, anche lo scudo diventa più piccolo
(scudo beotico) e la mano sinistra può essere impiegata anche per tenere
l’asta.
Con
l’introduzione della falange obliqua, nell’esercito tebano si ha una
progressiva riduzione della grandezza dello scudo ed un aumento della lunghezza
dell’asta.
La
strada è aperta alla falange macedone, che accentua i caratteri della riduzione
dello scudo (portato appeso al collo) e all’allungamento delle aste (dai 4 ai 6
metri).
Bibliografia
- Plutarco, Vite di Lisandro e di Silla, BUR
2001, trad. it. di F. M. Muccioli e L. Ghilli
- Senofonte,
Ciropedia
, BUR 2001, trad. it. di Franco Ferrari
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