domenica 30 giugno 2019

L'evoluzione della falange

Dal V-IV secolo in poi, l’Ellade fu costretta a misurarsi con forme di guerra sempre nuove. I mutamenti delle condizioni politiche influirono sulla diversità di condotta che gli eserciti greci osservarono, e con essa il loro comportamento anche tattico.
Nel semplice scontro tra fanterie oplitiche su di un campo di battaglia condiviso, non era prevista nessun tipo di tattica. Gli eserciti si schieravano frontalmente ed iniziavano la spinta e lo scambio di colpi. La manovra a tenaglia o l’aggiramento sui fianchi da parte di uno schieramento non era previsto e, certo, sarebbe stato mal visto dai contemporanei, come nel caso del generale spartano Lisandro (Plutarco, Vite di Lisandro e di Silla, 7), che pur vinse molte battaglie.

Amazzonomachia del Mausoleo di Alicarnasso, 353-350 a.C., conservato al British Museum di Londra (foto Prisma Archivio).

L’aggiramento sui fianchi, quando si verificava, era dovuto ad un movimento non sciente, una azione inconsapevole frutto del normale slittamento verso destra, dovuto alla tendenza degli opliti di proteggersi con lo scudo del compagno di destra.
Oltre a proteggere i fianchi con la cavalleria, la tattica della falange antica andava poco oltre. Seppur regina incontrastata dei campi di battaglia, poco a poco i generali iniziarono ad individuarne alcuni punti deboli.
Un primo e significativo esempio dell’evoluzione delle tattiche è rappresentato dalla battaglia di Delio, nel 424 a.C., tra Ateniesi e Tebani durante la Guerra del Peloponneso. In questo scontro, il generale tebano risolse la battaglia grazie al sapiente utilizzo della cavalleria come riserva tattica e della variazione nello schieramento oplitico che porterà all’introduzione della falange obliqua. L’aumentato numero dei ranghi della falange oplitica tebana fu sufficiente a spezzare la resistenza della falange ateniese nel rispettivo settore di scontro.
In questa battaglia, per contrastare la forza dello schieramento avversario, il generale tebano Pagonda decise di rafforzare la sua ala destra, aumentando il numero dei ranghi a 25 file. Per completare lo schieramento e uguagliare la lunghezza di quello avversario, dispose sull’ala sinistra, già più debole, le truppe dotate di armamento leggero.
Pagonda riuscì a disporsi sulla sommità di una collina all’insaputa degli Ateniesi. Quando questi se ne accorsero, si disposero frettolosamente, perché colti di sorpresa e su un terreno non adatto agli scontri oplitici, sulle usuali otto file.
Con l’avvio dello scontro, la rafforzata ala destra tebana respinse lo schieramento ateniese mentre all’estremo opposto l’indebolita ala sinistra tebana venne sopraffatta dalla più forte ala destra ateniese. A quel punto Pagonda decise inviare due squadroni di cavalleria a supporto dell’ala sinistra tebana che colsero di sorpresa gli opiti ateniesi. Nello scontro perse la vita lo stesso generale Ateniese Ippocrate, mentre l’intera ala destra di diede alla fuga. Il centro dello schieramento ateniese vedendo respinta sia l’ala destra (dalla cavalleria) sia l’ala sinistra (dalla rafforzata ala destra tebana) si persero d’animo e si ritirarono a loro volta.

Le fasi della battaglia di Delio (424 a.C.) tra ateniesi e tebani. Ricostruzione ed animazione dell’Autore

Un punto debole della falange fu individuato proprio in ciò che era la sua forza. La falange era una struttura rigida, pesante, lenta. Proprio da questa osservazione e conscio dell’impossibilità di battere la falange spartana, il generale ateniese Ificrate pensò di attaccare la falange spartana senza ingaggiarvi mai lo scontro diretto. Egli utilizzò un corpo agile e veloce, dotato esclusivamente di armi da lancio. Questo corpo avrebbe sottoposto la falange avversaria ad un bersagliamento continuo con i dardi senza mai entrarvi in contatto.
Il corpo in questione fu chiamato peltasti, dal nome del loro scudo, la pelta. Corpo di schermagliatori, il loro armamento leggero non prevedeva difese individuali, se non lo scudo in cuoio a forma di mezzaluna, la pelta, e a volte un elmo di tipo beotico che permetteva una visione superiore a quella degli elmi corinzi in dotazione agli spartani. Il loro armamento comprendeva solo un certo numero di giavellotti.
La tattica era quella di avvicinarsi alla falange, bersagliarla e ritirarsi continuamente, senza mai entrare in contatto con la stessa; viceversa essa sarebbe uscita distrutta qualora la falange spartana l’avesse agganciata.
Ificrate utilizzò per la prima volta questa tattica nella battaglia del Lecheo (391 a.C.), durante la Guerra di Corinto.
In questa battaglia, una mora di opliti spartiati venne assalita nella retroguardia più volte dai peltasti i quali fuggivano, più veloci degli opliti perché privi dell’armatura, ogni qual volta gli spartiati cercavano di ingaggiare battaglia. Continuamente bersagliati, gli spartiati furono costretti prima a rifugiarsi su di una collina per poi imbarcarsi rovinosamente per fuggire. Nella battaglia, della mora di 600 opliti, oltre 250 perirono.

Combattimento di guerrieri e Dei, cratere del V sec. a.C., conservato al Museo Archeologico Nazionale di Atene. Foto di Grant Mitchell.

Il secondo punto debole fu individuato dal generale tebano Epaminonda nello slittamento verso destra e nella rotazione antioraria del fronte, che probabilmente fu alla base della modifica dello schieramento tebano sul campo di battaglia di Leuttra, nel 371 a.C.
In questa battaglia che oppose spartani e tebani, il beotarca Epaminonda riprese la modifica apportata da Pagonda e la ribaltò, apportando una sostanziale innovazione nel proprio schieramento.
L’esercito spartano, come al solito, era ordinato di fronte al nemico il cui fianco destro era formato dalla parte più forte degli opliti. Il re spartano Cleombroto ed i 700 cittadini spartiati erano schierati su questo lato della falange.
Epaminonda, partendo dalla convinzione che una falange più profonda avrebbe potuto sconfiggere la falange spartana, decise di contrapporre all’ala destra degli spartiati la sua ala più forte, puntando a contrapporre alla parte più forte avversaria la sua parte più forte, per annientarla e creare scompiglio nell’intero schieramento avversario.
Per metterlo in pratica, ebbe bisogno di rafforzare la sua ala sinistra, disponendo quindi la sua fanteria a scalare, da destra verso sinistra. La profondità dello schieramento tebano andò dai soliti 8 ranghi dell’ala destra (ora la più debole) fino ad una profondità di 50 ranghi all’estremità sinistra. In tal modo avrebbe contrastato il valore dell’ala destra spartana con il numero dei ranghi tebani.
A rafforzare la sua ala sinistra, Epaminonda vi affiancò il Battaglione Sacro, 300 tebani addestrati all’uso delle armi, non meno avvezzi degli spartiati stessi. Allo stesso tempo, allo schieramento destro ordinò di rimanere arretrati e di non ingaggiare battaglia.
La tattica funzionò. Dopo gli scontri tra le cavallerie, dove quella tebana ebbe la meglio, l’ala sinistra tebana sbaragliò le truppe scelte spartane. Cleombroto ed il suo settore furono costretti a indietreggiare per la superiorità della spinta tebana. Tuttavia, il re spartano aveva notato l’enorme schieramento sull’ala sinistra tebana e mandò il centro dello schieramento a rinforzare l’ala sinistra spartana. Accortosi della possibilità di accerchiamento, il comandante dell’ala sinistra Pelopida, ordinò uno spostamento della falange per contrastare l’arrivo degli spartani. L’azione venne bloccata, e gli spartani dovettero cedere il campo.
Nello scontro, perirono 400 spartiati e lo stesso re.


Le fasi della battaglia di Leuttra (371 a.C.). Ricostruzione ed animazione dell’Autore

La tecnica della falange obliqua venne riutilizzata e perfezionata fino alla battaglia di Mantinea (362 a.C.) che vide i Tebani e gli Argivi opporsi ai contingenti di Atene, Sparta e Mantinea. Il rafforzamento dell’ala sinistra portò nuovamente alla vittoria dell’esercito di Epaminonda, che però vi perse la vita.
Tuttavia, l’aumentare dei ranghi richiede una modifica dell’armamento dell’oplita. Come può, un fante distante dieci o più file dal nemico, colpirlo o aiutare gli amici? Domanda, questa, che sicuramente si posero anche i contemporanei di Epaminonda. Lo stesso Ciro il Grande se lo chiese, secondo Senofonte (Ciropedia, VI, 3, 22).
La risposta risiede nell’utilizzo di una lancia più lunga rispetto a quella normalmente in dotazione agli opliti, in modo da aumentare il numero di punte che escono dal proprio schieramento. Non certo tutti i 50 ranghi, ma in numero crescente con l’aumentare della lunghezza dell’asta. Ma un’asta lunga necessita non più di una mano per sorreggerla, ma di entrambe. Cosa che il normale oplita non può fare, perché la sua sinistra deve impugnare il pesante scudo argivo.
Con l’aumentare della lunghezza dell’asta, anche lo scudo diventa più piccolo (scudo beotico) e la mano sinistra può essere impiegata anche per tenere l’asta.
Con l’introduzione della falange obliqua, nell’esercito tebano si ha una progressiva riduzione della grandezza dello scudo ed un aumento della lunghezza dell’asta.
La strada è aperta alla falange macedone, che accentua i caratteri della riduzione dello scudo (portato appeso al collo) e all’allungamento delle aste (dai 4 ai 6 metri).

Bibliografia

- Plutarco, Vite di Lisandro e di Silla, BUR 2001, trad. it. di F. M. Muccioli e L. Ghilli
- Senofonte, Ciropedia , BUR 2001, trad. it. di Franco Ferrari

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