Graecia capta ferum victorem cepit [Orazio].
Dalla
catapulta greca…
… a quella romana
Una volta acquisitane la tecnologia, partendo da questa, gli ingegneri romani svilupparono dei modelli più piccoli per poterli trasportare più facilmente.
La confusione del nome
De Architectura
Funzionamento fisico
Le parti della catapulta
STRUTTURA DELLA MACCHINA
STRUTTURA DEL SOSTEGNO
Figurini
Bibliografia
Quando nel 146 a.C. Roma si annetté le polis greche, ne assorbì anche la cultura.
Oltre all’arte, anche le scienze e le tecniche divennero patrimonio dei romani.
Dalla
catapulta greca…
Nel
testo Belopoeica
del I sec. d.C.,
Erone di Alessandria sostiene che l’antenato di tutte le catapulte fu il gastraphetes. Questa arma (dall’antico greco
γαστραφέτης, cioè “arco da pancia”), usata dai greci, era una balestra che veniva
caricata utilizzando il peso del corpo per tendere l’arco, appoggiandola sulla pancia.
Fu Zopiro di Taranto, scienziato della scuola pitagorica, a costruire quest’arma, in occasione dell’assedio di Cuma nel 421 a.C.
Fu Zopiro di Taranto, scienziato della scuola pitagorica, a costruire quest’arma, in occasione dell’assedio di Cuma nel 421 a.C.
Nel
375 a.C., durante le guerre tra Siracusa e Cartagine, venne sviluppata una versione
potenziata del gastraphetes: l’oxybeles. Essendo troppo grande per essere
portato a braccia, lo strumento era montato su un telaio che poggiava a terra, permettendo
una maggiore accuratezza del tiro. L’arco veniva teso grazie a un meccanismo a gancio
messo in funzione da due genieri.
Così fissata, l’arma venne impiegata anche sulle navi siracusane.
Parallelamente all’incremento delle dimensioni dell’arma, anche la lunghezza dei dardi crebbe.
Così fissata, l’arma venne impiegata anche sulle navi siracusane.
Parallelamente all’incremento delle dimensioni dell’arma, anche la lunghezza dei dardi crebbe.
Tuttavia,
gli scienziati greci erano consci dei limiti strutturali e materiali dell’arco composito.
Così, quando Filippo II di Macedonia ebbe la necessità di aumentare la gittata utile del tiro, il gruppo di studiosi che doveva sviluppare e perfezionare l’arma decise, nel 340 a.C., di applicare all’oxybeles un sistema a torsione come meccanismo di propulsione, già conosciuto da circa 10 anni.
Così, quando Filippo II di Macedonia ebbe la necessità di aumentare la gittata utile del tiro, il gruppo di studiosi che doveva sviluppare e perfezionare l’arma decise, nel 340 a.C., di applicare all’oxybeles un sistema a torsione come meccanismo di propulsione, già conosciuto da circa 10 anni.
Nacquero
la ballistes
(balista, dal
greco ballein cioè lanciare, gettare) e la katapeltes (catapulta, dal greco kata pelta che significa “attraverso lo scudo”),
ovvero delle pesanti armi da getto a torsione.
La balista greca di grosse dimensioni aveva una gittata utile di circa 650 metri e scagliava dardi della lunghezza di 3 cubiti (132 cm), che potevano essere incendiari.
La balista greca di grosse dimensioni aveva una gittata utile di circa 650 metri e scagliava dardi della lunghezza di 3 cubiti (132 cm), che potevano essere incendiari.
Il
maggior risultato nello sviluppo dell’artiglieria, venne ottenuto nel III secolo
a.C. dai meccanici dell’Arsenale di Alessandria, quando trovarono la forma ottimale
delle macchine da getto.
La domanda che si posero fu: quale dimensione deve avere una macchina per scagliare un proietto di date dimensioni ad una certa distanza? Il problema era quello di determinare quale fosse l’elemento della macchina che fungesse da modulo per tutto il resto, cioè quale fosse la dimensione di quel particolare elemento con cui costruire proporzionalmente l’intera macchina.
La domanda che si posero fu: quale dimensione deve avere una macchina per scagliare un proietto di date dimensioni ad una certa distanza? Il problema era quello di determinare quale fosse l’elemento della macchina che fungesse da modulo per tutto il resto, cioè quale fosse la dimensione di quel particolare elemento con cui costruire proporzionalmente l’intera macchina.
La
risposta fu trovata nella foramina, cioè nel diametro dei due buchi che fanno passare le molle all’interno
dei peritreti. A partire da quel valore, assunto
ad unità base della macchina, tutta questa sarebbe stata costruita secondo proporzioni
definite.
In particolare, per le dimensioni del dardo, il rapporto tra il diametro della foramina e la lunghezza del dardo doveva essere di 1/9.
In particolare, per le dimensioni del dardo, il rapporto tra il diametro della foramina e la lunghezza del dardo doveva essere di 1/9.
… a quella romana
I
romani trovarono particolarmente utili le due invenzioni greche.
Una volta acquisitane la tecnologia, partendo da questa, gli ingegneri romani svilupparono dei modelli più piccoli per poterli trasportare più facilmente.
Una prima riduzione fu lo scorpio che, intorno al 50 a.C., fece la comparsa sui campi di battaglia.
Lo scorpione aveva dardi della lunghezza di 3 spanne (69 cm), la sua gettata utile era di 400 metri mentre il tiro diretto di precisione arrivava fino a circa 100 metri.
Le baliste e gli scorpioni venivano posizionati in batterie sulle alture per sfoltire e fiaccare le truppe avversarie in ranghi serrati. Queste armi furono largamente impiegate nelle campagne di Gallia e di Germania, in particolare da Giulio Cesare durante l’assedio di Avarico (52 a.C.).
Lo scorpione aveva dardi della lunghezza di 3 spanne (69 cm), la sua gettata utile era di 400 metri mentre il tiro diretto di precisione arrivava fino a circa 100 metri.
Le baliste e gli scorpioni venivano posizionati in batterie sulle alture per sfoltire e fiaccare le truppe avversarie in ranghi serrati. Queste armi furono largamente impiegate nelle campagne di Gallia e di Germania, in particolare da Giulio Cesare durante l’assedio di Avarico (52 a.C.).
In
età repubblicana ed imperiale, ogni centuria aveva un numero definito di baliste.
Secondo Publio Flavio Vegezio Renato (cfr. Epitoma rei militaris, II, 25) ogni legione ne aveva
55, servita ciascuna da 11 uomini.
La
dimensione ridotta permise all’arma di essere montata direttamente sui carri (carrobalista) ed utilizzata senza che dovesse
essere posizionata a terra. L’uso della carrobalista è testimoniata sulla Colonna Traiana, nelle scene
31, 46, 47, 48 della divisione di Salomon Reinach.
A
partire dallo scorpio, intorno al 100 d.C. venne realizzato
un altro tipo di balista: la cheiroballistra, realizzata completamente in metallo, matasse di torsione incluse.
Questa scelta costruttiva permise di ridurne le dimensioni senza penalizzare le
prestazioni dell’arma. Di questa, ne vennero costruite anche delle tipologie trasportabili
a mano, dette manuballiste.
La confusione del nome
Catapulta
o Balista? Che differenza vi è tra le due?
Purtroppo,
nel tempo, si è parlato alternativamente di catapulte (da non confondere con l’onagro)
come macchine che lanciano sassi e dardi. Senza arrivare al medioevo, la confusione,
o meglio, il disaccordo esiste già in epoca romana.
Se
da un lato Vitruvio afferma, nel suo De Architectura (circa 15 a.C.), che:
“Catapultas quibus sagittae […] Balistas quibus saxa emittuntur.”
cioè
“la catapulta lancia i dardi la balista lancia le pietre”, alcuni anni prima Giulio
Cesare, nel De bello civili
(Libro I, circa
45 a.C.), chiamò catapulta la macchina che lancia i sassi.
Nella
classificazione di Vitruvio, lo scorpione è una piccola catapulta, che dunque lancia
i dardi.
De Architectura
Passerò ora a spiegare i principi modulari sulla base dei quali è
possibile realizzare quegli apparecchi che sono stati inventati per difendersi dal
pericolo e che rispondono alla necessità di garantire la sicurezza, ovvero gli scorpioni
e le baliste.
Le misure di questi apparecchi sono calcolate a partire da una lunghezza
data, quella che della freccia che l’apparecchio in questione deve lanciare, e alla
nona parte di tale lunghezza viene fatto corrispondere il diametro delle aperture
sul telaio, attraverso cui si tendono le fibre attorcigliate che sostengono i bracci.
[Vitruvio, De Architectura, Libro X, 10, 1]
[Vitruvio, De Architectura, Libro X, 10, 1]
Funzionamento fisico
Il
principio fisico della catapulta si basa sulla trasformazione dell’energia potenziale
di torsione di due fasci di funi in energia cinetica di un carrello collegato.
Il
proietto, sia esso una palla in pietra sia esso un dardo, viene trascinato in avanti
dalla slitta. La slitta è collegata al centro di una corda arciera, le cui due estremità
sono collegate a due aste sporgenti (braccetti, bracchium), poste nell’estremità anteriore
della balista, al termine della guida orizzontale ove scorre il proietto. Le due
aste, orizzontali, sono fissate in prossimità di una loro estremità, all’interno
di un fascio di funi verticali, preventivamente torte. Spingendo indietro una estremità
dell’asta, si esegue una torsione del fascio di funi verticale. E’ questo fascio
di funi che immagazzina energia potenziale di torsione.
Quindi, facendo indietreggiare la slitta, le aste torcono ulteriormente il fascio di funi. La slitta viene spinta all’indietro fino alla fine della guida, e li sboccata con un meccanismo di blocco.
Sbloccando la slitta, l’energia potenziale di torsione delle funi viene trasferita cinematicamente alla slitta, che spinge il proietto.
Quindi, facendo indietreggiare la slitta, le aste torcono ulteriormente il fascio di funi. La slitta viene spinta all’indietro fino alla fine della guida, e li sboccata con un meccanismo di blocco.
Sbloccando la slitta, l’energia potenziale di torsione delle funi viene trasferita cinematicamente alla slitta, che spinge il proietto.
Le parti della catapulta
STRUTTURA DELLA MACCHINA
§ Kambestrion (o capitulum): il quadrato anteriore che
ospita le matasse. La forma del capitulum
definisce una differenza strutturale tra la catapulta e la balista.
Nella catapulta, il
capitulum è formato da due assi orizzontali
(genericamente detti peritreti), uno superiore
(kamarion, in genere arcuata, dove sono
posizionati i due fori, foraminae,
in cui passano le matasse di tendini) ed uno inferiore (klimakion) e da assi verticali. Gli
assi verticali sono tre: i due estremi detti parastaticae
che circondano le due matasse di tendini attorcigliati ed uno centrale
(intervallum) dotato di un foro per far
uscire il proietto. La balista ha
invece due semiquadrati, uno per ogni fascio. Ognuno dei due semiquadrati è formato
dai due elementi orizzontali (scutulae)
e da due montanti verticali (parastatae).
I due semiquadrati sono collegati tra loro mediante aste, dette regulae.
§ Modioli: le ralle forate che permettono
di precaricare la matassa e di fermarla con spine nella posizione desiderata.
§ Bracchia: i bracci che ruotando portano
energia al porta-sasso tramite due corde.
§ Canaliculus (nella catapulta) / climacis (nella balista): il pezzo fisso
su cui scorre il cassetto che spinge il proietto.
§ Canalis fundus (nella catapulta) / chelonium (nella balista): la slitta
collegata con dei cavi ai bracchia.
§ Epitoxis: gancio di attacco della corda
arciera al cassetto.
§ Sucula: argano con cui si trascina all’indietro
il cassetto.
§ Manucla: meccanismo di sblocco del gancio
dal cassetto.
STRUTTURA DEL SOSTEGNO
§ Basis: le traverse della base.
§ Columella: il ritto unito al sostegno centrale
che poteva essere alzato o abbassato.
§ Caput columellae: l’articolazione superiore della
columella.
§ Posterior minor columna: il sostegno posteriore per il
Canaliculus , che definiva l’alzo.
§ Capreolus: la controventatura della colonna
centrale.
§ Plinthos: la parte del telaio, centrale
e di sostegno.
§ Subiectio: il controvento posteriore sul
quale veniva regolata la posterior
minor columna per regolare l’alzo.
Figurini
Hat
8035 (1/72) – 4 stampi, ciascuno con 1 catapulta (si noti la forma del capitulum) e 3 serventi. Ogni stampo contiene
anche 1 signifer, 4 hastati e 4 velites.
Bibliografia
§ Russo Flavio, Russo Ferruccio,
Piccola, potente e maneggevole, Archeo,
n 311, gennaio 2011.
§ Marco Vitruvio Pollione, De Architectura, Einaudi, Torino 1997,
trad. it. Antonio Corso e Elisa Romano.
§ Vegezio, L’arte della Guerra (Epitoma Rei Militaris)
a cura di Luca Canali e Maria Pellegrini, Oscar Mondadori, Classici Greci e Latini
con Testo a fronte, 2001.
§ Pier Gabriele Molari, Mirko Maraldi,
La ricostruzione della Balista di Vitruvio,
Quinta Giornata di Studio Ettore Funaioli, Bologna, 15 luglio 2011.
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