domenica 2 giugno 2019

Catapulte romane

Graecia capta ferum victorem cepit [Orazio].
Quando nel 146 a.C. Roma si annetté le polis greche, ne assorbì anche la cultura. Oltre all’arte, anche le scienze e le tecniche divennero patrimonio dei romani.
Schieramento delle catapulte romane

Dalla catapulta greca…

Nel testo Belopoeica del I sec. d.C., Erone di Alessandria sostiene che l’antenato di tutte le catapulte fu il gastraphetes. Questa arma (dall’antico greco γαστραφέτης, cioè “arco da pancia”), usata dai greci, era una balestra che veniva caricata utilizzando il peso del corpo per tendere l’arco, appoggiandola sulla pancia.
Fu Zopiro di Taranto, scienziato della scuola pitagorica, a costruire quest’arma, in occasione dell’assedio di Cuma nel 421 a.C.
Nel 375 a.C., durante le guerre tra Siracusa e Cartagine, venne sviluppata una versione potenziata del gastraphetes: l’oxybeles. Essendo troppo grande per essere portato a braccia, lo strumento era montato su un telaio che poggiava a terra, permettendo una maggiore accuratezza del tiro. L’arco veniva teso grazie a un meccanismo a gancio messo in funzione da due genieri.
Così fissata, l’arma venne impiegata anche sulle navi siracusane.
Parallelamente all’incremento delle dimensioni dell’arma, anche la lunghezza dei dardi crebbe.
Tuttavia, gli scienziati greci erano consci dei limiti strutturali e materiali dell’arco composito.
Così, quando Filippo II di Macedonia ebbe la necessità di aumentare la gittata utile del tiro, il gruppo di studiosi che doveva sviluppare e perfezionare l’arma decise, nel 340 a.C., di applicare all’
oxybeles un sistema a torsione come meccanismo di propulsione, già conosciuto da circa 10 anni.
Nacquero la ballistes (balista, dal greco ballein cioè lanciare, gettare) e la katapeltes (catapulta, dal greco kata pelta che significa “attraverso lo scudo”), ovvero delle pesanti armi da getto a torsione.
La balista greca di grosse dimensioni aveva una gittata utile di circa 650 metri e scagliava dardi della lunghezza di 3 cubiti (132 cm), che potevano essere incendiari.
Il maggior risultato nello sviluppo dell’artiglieria, venne ottenuto nel III secolo a.C. dai meccanici dell’Arsenale di Alessandria, quando trovarono la forma ottimale delle macchine da getto.
La domanda che si posero fu: quale dimensione deve avere una macchina per scagliare un proietto di date dimensioni ad una certa distanza? Il problema era quello di determinare quale fosse l’elemento della macchina che fungesse da
modulo per tutto il resto, cioè quale fosse la dimensione di quel particolare elemento con cui costruire proporzionalmente l’intera macchina.
La risposta fu trovata nella foramina, cioè nel diametro dei due buchi che fanno passare le molle all’interno dei peritreti. A partire da quel valore, assunto ad unità base della macchina, tutta questa sarebbe stata costruita secondo proporzioni definite.
In particolare, per le dimensioni del dardo, il rapporto tra il diametro della
foramina e la lunghezza del dardo doveva essere di 1/9.

… a quella romana

I romani trovarono particolarmente utili le due invenzioni greche.
Serventi in uniforme di età augustea

Una volta acquisitane la tecnologia, partendo da questa, gli ingegneri romani svilupparono dei modelli più piccoli per poterli trasportare più facilmente.
Una prima riduzione fu lo scorpio che, intorno al 50 a.C., fece la comparsa sui campi di battaglia.
Lo scorpione aveva dardi della lunghezza di 3 spanne (69 cm), la sua gettata utile era di 400 metri mentre il tiro diretto di precisione arrivava fino a circa 100 metri.
Le baliste e gli scorpioni venivano posizionati in batterie sulle alture per sfoltire e fiaccare le truppe avversarie in ranghi serrati. Queste armi furono largamente impiegate nelle campagne di Gallia e di Germania, in particolare da Giulio Cesare durante l’assedio di Avarico (52 a.C.).
In età repubblicana ed imperiale, ogni centuria aveva un numero definito di baliste. Secondo Publio Flavio Vegezio Renato (cfr. Epitoma rei militaris, II, 25) ogni legione ne aveva 55, servita ciascuna da 11 uomini.
La dimensione ridotta permise all’arma di essere montata direttamente sui carri (carrobalista) ed utilizzata senza che dovesse essere posizionata a terra. L’uso della carrobalista è testimoniata sulla Colonna Traiana, nelle scene 31, 46, 47, 48 della divisione di Salomon Reinach.
Serventi in uniforme appena successiva alla riforma mariana

A partire dallo scorpio, intorno al 100 d.C. venne realizzato un altro tipo di balista: la cheiroballistra, realizzata completamente in metallo, matasse di torsione incluse. Questa scelta costruttiva permise di ridurne le dimensioni senza penalizzare le prestazioni dell’arma. Di questa, ne vennero costruite anche delle tipologie trasportabili a mano, dette manuballiste.

La confusione del nome

Catapulta o Balista? Che differenza vi è tra le due?
Purtroppo, nel tempo, si è parlato alternativamente di catapulte (da non confondere con l’onagro) come macchine che lanciano sassi e dardi. Senza arrivare al medioevo, la confusione, o meglio, il disaccordo esiste già in epoca romana.
Se da un lato Vitruvio afferma, nel suo De Architectura (circa 15 a.C.), che:
“Catapultas quibus sagittae […] Balistas quibus saxa emittuntur.”
cioè “la catapulta lancia i dardi la balista lancia le pietre”, alcuni anni prima Giulio Cesare, nel De bello civili (Libro I, circa 45 a.C.), chiamò catapulta la macchina che lancia i sassi.
Nella classificazione di Vitruvio, lo scorpione è una piccola catapulta, che dunque lancia i dardi.

De Architectura

Passerò ora a spiegare i principi modulari sulla base dei quali è possibile realizzare quegli apparecchi che sono stati inventati per difendersi dal pericolo e che rispondono alla necessità di garantire la sicurezza, ovvero gli scorpioni e le baliste.
Le misure di questi apparecchi sono calcolate a partire da una lunghezza data, quella che della freccia che l’apparecchio in questione deve lanciare, e alla nona parte di tale lunghezza viene fatto corrispondere il diametro delle aperture sul telaio, attraverso cui si tendono le fibre attorcigliate che sostengono i bracci.
[Vitruvio, De Architectura, Libro X, 10, 1]

Funzionamento fisico

Il principio fisico della catapulta si basa sulla trasformazione dell’energia potenziale di torsione di due fasci di funi in energia cinetica di un carrello collegato.

Il proietto, sia esso una palla in pietra sia esso un dardo, viene trascinato in avanti dalla slitta. La slitta è collegata al centro di una corda arciera, le cui due estremità sono collegate a due aste sporgenti (braccetti, bracchium), poste nell’estremità anteriore della balista, al termine della guida orizzontale ove scorre il proietto. Le due aste, orizzontali, sono fissate in prossimità di una loro estremità, all’interno di un fascio di funi verticali, preventivamente torte. Spingendo indietro una estremità dell’asta, si esegue una torsione del fascio di funi verticale. E’ questo fascio di funi che immagazzina energia potenziale di torsione.
Quindi, facendo indietreggiare la slitta, le aste torcono ulteriormente il fascio di funi. La slitta viene spinta all’indietro fino alla fine della guida, e li sboccata con un meccanismo di blocco.
Sbloccando la slitta, l’energia potenziale di torsione delle funi viene trasferita cinematicamente alla slitta, che spinge il proietto.

Le parti della catapulta

STRUTTURA DELLA MACCHINA

§  Kambestrion (o capitulum): il quadrato anteriore che ospita le matasse. La forma del capitulum definisce una differenza strutturale tra la catapulta e la balista. Nella catapulta, il capitulum è formato da due assi orizzontali (genericamente detti peritreti), uno superiore (kamarion, in genere arcuata, dove sono posizionati i due fori, foraminae, in cui passano le matasse di tendini) ed uno inferiore (klimakion) e da assi verticali. Gli assi verticali sono tre: i due estremi detti parastaticae che circondano le due matasse di tendini attorcigliati ed uno centrale (intervallum) dotato di un foro per far uscire il proietto. La balista ha invece due semiquadrati, uno per ogni fascio. Ognuno dei due semiquadrati è formato dai due elementi orizzontali (scutulae) e da due montanti verticali (parastatae). I due semiquadrati sono collegati tra loro mediante aste, dette regulae.

Le parti che compongono il Capitulum

§  Modioli: le ralle forate che permettono di precaricare la matassa e di fermarla con spine nella posizione desiderata.
§  Bracchia: i bracci che ruotando portano energia al porta-sasso tramite due corde.
§  Canaliculus (nella catapulta) / climacis (nella balista): il pezzo fisso su cui scorre il cassetto che spinge il proietto.
§  Canalis fundus (nella catapulta) / chelonium (nella balista): la slitta collegata con dei cavi ai bracchia.
§  Epitoxis: gancio di attacco della corda arciera al cassetto.
§  Sucula: argano con cui si trascina all’indietro il cassetto.
§  Manucla: meccanismo di sblocco del gancio dal cassetto.

Struttura della catapulta

STRUTTURA DEL SOSTEGNO

§  Basis: le traverse della base.
§  Columella: il ritto unito al sostegno centrale che poteva essere alzato o abbassato.
§  Caput columellae: l’articolazione superiore della columella.
§  Posterior minor columna: il sostegno posteriore per il Canaliculus , che definiva l’alzo.
§  Capreolus: la controventatura della colonna centrale.
§  Plinthos: la parte del telaio, centrale e di sostegno.
§  Subiectio: il controvento posteriore sul quale veniva regolata la posterior minor columna per regolare l’alzo.

Le parti del sostegno della catapulta

Figurini

Hat 8035 (1/72) – 4 stampi, ciascuno con 1 catapulta (si noti la forma del capitulum) e 3 serventi. Ogni stampo contiene anche 1 signifer, 4 hastati e 4 velites.

Bibliografia

§  Russo Flavio, Russo Ferruccio, Piccola, potente e maneggevole, Archeo, n 311, gennaio 2011.
§  Marco Vitruvio Pollione, De Architectura, Einaudi, Torino 1997, trad. it. Antonio Corso e Elisa Romano.
§  Vegezio, L’arte della Guerra (Epitoma Rei Militaris) a cura di Luca Canali e Maria Pellegrini, Oscar Mondadori, Classici Greci e Latini con Testo a fronte, 2001.
§  Pier Gabriele Molari, Mirko Maraldi, La ricostruzione della Balista di Vitruvio, Quinta Giornata di Studio Ettore Funaioli, Bologna, 15 luglio 2011.
§  Pier Gabriele Molari, Andreas Canzler, Ricostruzione della balista imperiale Romana, Sesta Giornata di Studio Ettore Funaioli, Bologna, 16 luglio 2012.




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