domenica 16 giugno 2019

Dal guerriero all'oplita

Nella Grecia micenea, l’ethos del combattente è quello del guerriero che affronta il nemico nel corpo a corpo, viso a viso, leale ed onesto in cui mette a confronto con l’avversario la sola forza ed il solo valore fisico. Un guerriero quasi solitario, che spicca per coraggio su tutti gli altri. La folla degli eserciti è solo un paesaggio in cui l’azione dell’eroe rifulge da protagonista.
Combattimento di opliti, cratere del V sec. a.C., conservato al Museo Archeologico Nazionale di Atene (foto su wikipedia licence CC BY 2.0 )
Attingendo ad una fonte sufficientemente antica come Omero, troviamo Achille ed Aiace che combattono circondati da una mischia anonima, così come Enea ed Ettore.
Nella società monarchica micenea, fondata sull’uso delle armi, tutta la vita sociale è scandita dal re e dall’aristocrazia, il vanax e gli heros, che sono i protagonisti nominati delle battaglie.
Il resto della popolazione e dei servi, rimane anonima combattente sullo sfondo.
Eppure, accanto all’esaltazione della lealtà eroica, compare, e non in secondo piano, colui che nella guerra non usa la forza ma preferisce battere il nemico con l’astuzia e l’inganno. Ulisse è colui che sconfiggerà Troia con l’inganno, colui che si intrufola nei campi avversari per spiarli, colui a cui gli stessi Greci hanno conferito l’onore di possedere le armi di Achille, perché ritenuto più valoroso del forte Aiace. Nonostante l’esaltazione dell’azione del singolo, del suo coraggio e della sua onestà, l’epica della guerra è comunque fortemente legata allo stratagemma, all’inganno, che il guerriero sa mettere in campo per sopravvivere e per sopraffare il nemico.
Cratere dei guerrieri Shardana, pittura su cratere da Micene, tarda età del bronzo, XII sec. a.C., Museo Archeologico Nazionale di Atene, N. 1246 (usr: Zde su Wikipedia)

Non a caso Omero, nelle innumerevoli azioni individuali pericolose, affianca sempre a Diomede, il guerriero forte e coraggioso, Ulisse, il guerriero ingegnoso ed arguto. L’ethos della guerra, già nell’VIII secolo di Omero, è la sintesi delle due caratteristiche.
Ancora in Omero, Agamennone non ha il potere assoluto sugli altri re e non può imporre la sua decisione su Achille o sull’assemblea, né Ulisse può appellarsi alle leggi scritte o all’assemblea del popolo per rivendicare il trono di fronte ai migliori figli di Itaca, quelli che saranno la futura aristocrazia. Agamennone e Ulisse sono capi militari privi di poteri assoluti che devono dividere il bottino con gli altri; chi divide è appunto l’assemblea. Per questo nessuno dei due è più ormai un re miceneo, e Omero ci racconta, facendo indossare ai suoi protagonisti vesti micenee che più non appartengono loro, le fasi storiche in cui si viene formando il potere oligarchico.
Combattimento tra opliti, pittura su vaso, V sec. a.C., conservato al Museo Etrusco Guarnacci di Volterra.

Il cambiamento delle strutture sociali, che porta dalla monarchia micenea alla oligarchia delle poleis greche, modella anche le nuove forme delle strutture militari.
Se nell’età micenea è il valore del re che viene narrato e che fonda l’etica guerriera dello scontro leale, il lento passaggio a strutture politiche allargate, sottintese nei poemi omerici, impone l’allargamento dei protagonisti degli scontri militari.
Nel momento in cui nelle decisioni politiche al re viene sostituita un’assemblea di uguali (i cittadini liberi possidenti di terre), anche nel campo di battaglia all’eroe singolo viene sostituito una schiera di uguali, formata da tutti quelli capaci di acquistare l’armatura necessaria.
La guerra sarà affidata ora, a partire dal VII secolo, ad una schiera compatta di uomini, uniti fianco a fianco l’uno dell’altro, in ranghi serrati; schiere cittadine che amministrano la città in tempo di pace e la difendono in tempo di guerra: la falange oplitica.
Combattimento tra opliti sull’Olpe Chigi conservata presso il Museo nazionale etrusco di Villa Giulia, Roma. Immagine tratta da J. M. Roberts, Kelet-Ázsia és a klasszikus Görögország (usr: Szilas su wikipedia)


Bibliografia

§  Fausto Codino, in Iliade, Garzanti, Milano 1999.
§  Gianni Brizzi, Il guerriero, l’oplita, il legionario, Il Mulino 2008.

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