I giochi gladiatori hanno lontane origini, etrusche ed italiche.
Non ancora spettacoli popolari, gli Etruschi vi onoravano un membro defunto della
famiglia, per soddisfare con il sangue dei combattenti i Mani della persona defunta.
Altri simili combattimenti mortali sono rappresentati in alcune tombe etrusche, dove un uomo incappucciato combatte con una clava contro un cane di grossa taglia, aizzato da un uomo mascherato (phersu).
Altri simili combattimenti mortali sono rappresentati in alcune tombe etrusche, dove un uomo incappucciato combatte con una clava contro un cane di grossa taglia, aizzato da un uomo mascherato (phersu).
Non
solo di tradizione etrusca, placare l’anima di un defunto con il sangue umano era
anche una tradizione greca, tanto che Omero racconta nell’Iliade che nei giochi
funebri in onore di Patroclo vennero sacrificati dodici nobili troiani prigionieri.
Due murmillones si
affrontano nell’arena. I Murmillones erano la classe più comune, dotati di elmo
con tesa ripiegata sui lati, scudo ricurvo, gambale e gladio.
A
partire dall’Etruria, i combattimenti si diffusero nel resto dell’Italia venendo
ripresi in modo particolare nella Campania, dove rimase sempre forte la tradizione
gladiatoria.
Che
i giochi gladiatori abbiano una origine sacra lo rivela anche la parola che li definisce:
i romani li chiamavano “munus” che significa, appunto, “dovere”.
Munera gladiatoria
Dell’origine
etrusca dei munera gladiatoria è sostenitore anche lo storico
greco del I sec d.C. Nicola di Damasco. I combattimenti sacri sono attestati per
la prima volta a Roma nel 264 a.C., quando si svolsero dei duelli mortali rituali
durante i funerali di Bruto Pera.
Con il passare del tempo, i munera persero le loro funzioni rituali per divenire ludi, scenografici spettacoli popolari.
Con il passare del tempo, i munera persero le loro funzioni rituali per divenire ludi, scenografici spettacoli popolari.
Un murmillo affronta
un oplomacho. Gli Oplomachi (ritratti in alcuni rilievi di Pompei) erano dotati
di elmo con la cresta, schinieri e lancia
Parlarne
oggi è quanto mai difficile, impregnati come sono da innumerevoli luoghi comuni.
I
gladiatori combattevano secondo canoni codificati; ogni gladiatore apparteneva ad
un determinato gruppo sempre armato nello stesso modo; ogni gruppo combatteva di
preferenza contro un’altra specifica tipologia.
Pur armati in modo diverso, si tendeva a far sì che avessero avuto, nell’arena, stesse possibilità di vittoria.
Pur armati in modo diverso, si tendeva a far sì che avessero avuto, nell’arena, stesse possibilità di vittoria.
Grazie
al costante allenamento fisico e tattico, alla dieta e alle condizioni fisiche in
generale, i gladiatori formavano una temibile forza militare, come dimostra la rivolta
di Spartaco, tanto che in caso di bisogno i gladiatori venivano inquadrati in speciali
(e separati) corpi dell’esercito (Tacito).
Sulla destra, due gladiatori
Retiarii, armati di rete e tridente
I
giochi furono un importante momento della vita quotidiana romana, usati dai politici
per accrescere la loro fama o dagli imperatori per ripararsi da disordini popolari
(si ricordi di cosa necessitava la popolazione romana secondo Giovenale, panem et circenses), fino alla loro soppressione
da parte dell’imperatore Costantino nel 325 d.C. nell’Impero d’Oriente e nel 438
d.C. in quello d’Occidente, probabilmente da Valentiniano III.
Venationes
Nelle
giornate dedicate ai giochi, i combattimenti tra gladiatori avvenivano nel pomeriggio,
mentre la mattina era riservata alle venationes, ossia le cacce, dove animali feroci o esotici venivano introdotti
nell’arena per il combattimento o per essere cacciati; è attraverso questi spettacoli
che i romani conobbero per la prima volta le giraffe.
Venatores, armati di
ascia. Questo tipo di arma non è attestata da nessuna fonte.
Le
cacce vennero istituite più tardi rispetto ai munera. Queste si fanno risalire al
186 a.C., e terminarono più tardi dei ludi, soppresse da Teodorico nel 523 d.C.
Oltre alla passione stessa per la caccia, la loro diffusione si dovette anche alla convinzione che cacciare le belve feroci avesse promosso le virtù militari, quali il coraggio e la tenacia.
Oltre alla passione stessa per la caccia, la loro diffusione si dovette anche alla convinzione che cacciare le belve feroci avesse promosso le virtù militari, quali il coraggio e la tenacia.
Durante
le venationes i combattenti scendevano nell’arena
armati della sola lancia contro bestie feroci: leoni, tigri, pantere, rinoceronti,
tori, orsi. Il risultato era quasi sempre una enorme carneficina di animali. Nei
giochi organizzati da Giulio Cesare, vennero uccisi 400 leoni in un solo giorno;
500 nei giochi organizzati da Pompeo.
Spesso
gli animali venivano fatti combattere tra di loro, in combattimenti contro natura,
come i leoni contro le tigri o i rinoceronti contro i tori.
Essedarius, combattente su carro a due ruote
Le
belve venivano catturate nelle provincie romane dell’Africa e dell’Asia sia da personale
specializzato, i bestiarii, sia dai soldati lì stanziati, come la legione Minerva I che in
Renania catturò 50 orsi in sei mesi.
Tuttavia, la cattura delle fiere era sottoposta ad una rigida regolamentazione e ad una prassi burocrazia collaudata, come ricorda lo stesso Cicerone quando era governatore della Cilicia e doveva regolare il trasferimento delle fiere.
Tuttavia, la cattura delle fiere era sottoposta ad una rigida regolamentazione e ad una prassi burocrazia collaudata, come ricorda lo stesso Cicerone quando era governatore della Cilicia e doveva regolare il trasferimento delle fiere.
Condanne a morte
Tra
i giochi venatori della mattina ed i munera gladiatoria del pomeriggio venivano eseguite le condanne a morte. Nella mentalità
dell’epoca (ma anche in quella attuale, purtroppo) la pena corrispondeva al misfatto
e la pubblica esecuzione doveva servire da deterrente.
Un Thraeces affonda
la sua spada ricurva (sica) nel petto dell’avversario. I Traci indossavano un elmo
con una alta cresta, protezioni per le gambe e per il braccio destro, lo scudo e
la spada.
Nella
arena, come parte dello spettacolo, due condannati armati di spada ma privi di strumenti
di difesa si affrontavano fino alla morte, mentre nella damnatio ad bestias, il condannato veniva dato in
pasto alle fiere. Seneca e Marziale raccontano come le esecuzioni fossero scenografiche,
con ricchezza di costumi e di requisiti.
Bibliografia
§ F. W. von Hase, M. A. S. von Hase,
Gladiatori la vera storia, in Archeo, anno XXXV numero 416, ottobre
2019.
§ Federica Guidi, Morte nell’arena, Arnoldo Mondatori,
Milano 2006.
§ Raymond Bloch, Gli Etruschi, Il Saggiatore Economici,
1994
Basetta con otto gladiatori, inquadrati come fanteria leggera
Figurini
Italeri
6062 (1/72) – 1 quadriga, 10 gladiatori, 3 animali feroci, una scena con un combattimento
tra 2 gladiatori
Imbasettamento
Basetta
40 x 80 mm della Bandua Wargames, con 8 gladiatori, inquadrati come fanteria leggera
(esercito romano del primo impero, scheda Centuria 2).
Basetta con otto gladiatori, inquadrati
come fanteria leggera
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