La prima testimonianza dei carri da guerra si riscontra sullo Stendardo
di Ur, risalente al 2.500 a.C.
Il carro ritratto è un carro pesante, a quattro ruote, spesso utilizzato per alloggiare il maggior numero possibile di guerrieri e sfruttare l’effetto sorpresa nello schieramento avversario. In questo tipo di carri i finimenti dei cavalli erano poco idonei al traino in corsa ed i cavalli, il cui attacco al carro era al collo e non alle spalle, dovevano sopportare notevoli fatiche.
Il carro ritratto è un carro pesante, a quattro ruote, spesso utilizzato per alloggiare il maggior numero possibile di guerrieri e sfruttare l’effetto sorpresa nello schieramento avversario. In questo tipo di carri i finimenti dei cavalli erano poco idonei al traino in corsa ed i cavalli, il cui attacco al carro era al collo e non alle spalle, dovevano sopportare notevoli fatiche.
Carro persiano falcato,
accompagnato dalla cavalleria
Intorno
alla metà del II millennio, vennero introdotti notevoli miglioramenti tecnici, in
particolare sul carro stesso, che passò da quattro a due ruote. Ugualmente, vennero
introdotte le falci rotanti, prima sulle ruote, poi sul giogo ed infine, in età
del ferro, sotto la pedana del carro.
I carri da guerra furono largamente utilizzati da tutti i popoli del Medio Oriente, Ittiti, Egizi (il faraone Ramses II ne possedeva ventisette mila), Assiri, Babilonesi, Persiani, e spesso divennero il fattore decisivo nelle battaglie. Fattore di successo per gli Ittiti, furono l’arma vincente degli Hyksos per la conquista dell’Egitto.
I carri da guerra furono largamente utilizzati da tutti i popoli del Medio Oriente, Ittiti, Egizi (il faraone Ramses II ne possedeva ventisette mila), Assiri, Babilonesi, Persiani, e spesso divennero il fattore decisivo nelle battaglie. Fattore di successo per gli Ittiti, furono l’arma vincente degli Hyksos per la conquista dell’Egitto.
Nella
battaglia di Thymbra (547 a.C.), l’intervento dei carri falcati di Ciro il Grande,
posti in retroguardia, fu risolutivo per le sorti favorevoli della battaglia. Fu
lui che trasformò i carri da guerra in una vera arma, dotandoli di una propria organizzazione
tattica nelle fasi del combattimento.
Il carro falcato trainato
da quattro cavalli morelli.
I carri da guerra passarono quindi ad altri popoli, Micenei, Celti, Etruschi, che li utilizzarono nella versione di piattaforma mobile per alloggiare arcieri, nobili e comandanti; utilizzato in guerra o per le parate.
Nelle Storie, Erodoto narra dei carri che Serse portò in Grecia, sebbene non giocarono alcun ruolo per la conformazione sfavorevole del suolo greco.
Anche Senofonte racconta dei carri impiegati nella battaglia di Cunassa (401 a.C.):
Davanti a loro erano schierati i carri cosiddetti falcati a grande
distanza gli uni dagli altri: le falci partivano dagli assi, erano disposte in senso
orizzontale e rivolte verso il terreno sotto i carri per stritolare quanto avesse
incontrato. L’idea era quella di lanciarli contro le fila dei Greci e di farli a
pezzi.
Senofonte, Anabasi, I, 8, 10
Senofonte, Anabasi, I, 8, 10
I
carri falcati furono l’arma vincente delle armate Persiane.
La fine dei carri
Tuttavia,
non sempre furono invitte. A Gaugamela (331 a.C.) i carri falcati lanciati da Dario
contro le falangi di Alessandro vennero in parte neutralizzati da una nuova tecnica.
Con l’arrivo dei carri le prime linee si sarebbero spostate lateralmente, aprendo
un vuoto dove si sarebbe infilato il carro; lì dentro, i cavalli si sarebbe rifiutati
di schiantarsi contro le sarisse delle seconde linee, rimanendo bloccati in una
trappola dove i cocchieri sarebbero stati uccisi con facilità.
Ma la vera fine dell’utilizzo dei carri avvenne ad opera dell’esercito romano.
Nella battaglia di Magnesia (190 a.C.), i carri falcati di Antioco III vennero respinti da una fitta pioggia di dardi, sassi e lance, prima che questi potessero impattare sulle fanterie leggere dell’ala destra romana.
Ancor più, come aveva fatto Alessandro, i romani neutralizzarono completamente l’azione dei carri durante la battaglia di Cheronea (86 a.C.) contro l’esercito del Regno del Ponto guidato dal generale Archelao nell’ambito della Prima Guerra Mitridatica (89-84 a.C.).
Ma la vera fine dell’utilizzo dei carri avvenne ad opera dell’esercito romano.
Nella battaglia di Magnesia (190 a.C.), i carri falcati di Antioco III vennero respinti da una fitta pioggia di dardi, sassi e lance, prima che questi potessero impattare sulle fanterie leggere dell’ala destra romana.
Ancor più, come aveva fatto Alessandro, i romani neutralizzarono completamente l’azione dei carri durante la battaglia di Cheronea (86 a.C.) contro l’esercito del Regno del Ponto guidato dal generale Archelao nell’ambito della Prima Guerra Mitridatica (89-84 a.C.).
Anche
in questa battaglia, all’arrivo dei carri gli agili manipoli romani si aprirono
per far passare i cavalli in corsa, che attraversarono completamente le fila romane.
Giunti in fondo, i carri furono fatti bersaglio dei pila della retroguardia,
mentre questi cercavano di girarsi e di prendere nuovamente velocità contro i romani.
Problemi tattici dei carri
Due
erano i problemi dei carri da guerra.
1)
Il primo era dato dalla rincorsa. Solo con un opportuno spazio di rincorsa i carri
potevano raggiungere quella velocità che rendeva micidiale il loro impatto sulle
linee nemiche. Se il campo di battaglia era troppo corto, la velocità sarebbe stata
troppo bassa ed i carri sarebbero stati fermati agevolmente, come accaduto a Chronea.
Racconta Plutarco che Silla:
tolse efficacia alla carica dei carri falcati, che raggiungono la
loro massima forza d’urto solo dopo una lunga carica, dando loro velocità e impeto
necessario alla rottura attraverso la linea avversaria. Se la carica inizia da breve
distanza risultano inefficaci e deboli […]. I primi carri partirono così debolmente
e lentamente, che i Romani li respinsero, per poi batter loro le mani, scoppiando
a ridere […]
Plutarco, Vita di Silla, 18, 2-4)
Plutarco, Vita di Silla, 18, 2-4)
2)
Il secondo problema era rappresentato dal terreno. I carri da guerra bene funzionavano
nelle ampie steppe mediorientali, ma risultavano particolarmente inadatte ai terreni
sassosi della Grecia. Così, oltre a scegliere un terreno poco adatto ai carri, i
Romani usarono anche degli accorgimenti che rallentavano la carica dei cavalli:
iniziata la carica dei carri, i Romani lanciavano davanti a loro dei cavalli di
frisia (triboli) di varie dimensioni, grandi (con i pali lunghi circa 120 cm) e
più piccoli che si conficcavano nelle zampe dei cavalli.
Il Re Antioco e Mitridate utilizzarono in guerra quadrighe falcate.
Queste dapprima incussero grande terrore, ma in seguito divennero oggetto di derisione.
E’ infatti difficile trovare un terreno completamente pianeggiante per il carro
falcato, il minimo ostacolo gli impedisce la via e viene catturato se solo uno dei
due cavalli viene colpito o ferito. Ma la maggior parte di essi furono annientati
da questa tecnica adottata dall’esercito Romano; non appena si ingaggiava la battaglia,
i Romani lanciavano su tutto il campo i triboli, contro i quali le quadrighe in
corsa scontrandosi si distruggevano. Il tribolo è una macchina da difesa formata
da quattro pali, che, in qualsiasi modo si scagli, sta su tre piedi ed è pericolosa
per il quarto piede che sempre sta diritto.
Vegezio, Epitoma Rei Militaris
Vegezio, Epitoma Rei Militaris
Bibliografia
§ Senofonte, Anabasi, Garzanti 1994; trad. it dal
greco di Andrea Barabino.
§ Plutarco, Vite di Lisandro e di Silla, BUR 2001,
trad. it. di F. M. Muccioli e L. Ghilli.
§ Vegezio, L’arte della Guerra (Epitoma Rei Militaris)
a cura di Luca Canali e Maria Pellegrini, Oscar Mondadori 2001.
§ Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno,
Newton Compton, 2004.
Figurini
Zvezda
8008 (1/72) – Cavalleria persiana (V-IV sec a.C.), un carro falcato.
Imbasettamento
Basetta 8 x 8 della Bandua
Wargames.La sabbia utilizzata per la base proviene dalla Cappadocia.
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