domenica 19 maggio 2019

Legionari romani tarda repubblica

Legionari romani della tarda repubblica, di epoca successiva alla riforma mariana, questi sono i figurini qui presentati.
Con questa riforma (107-104 a.C.) si andava a sostituire l’unità tattica del manipolo (mobile e versatile sui terreni accidentati dell’Appennino centro-meridionale) con una unità di maggiore potenza, la coorte, più adatta alle battaglie campali ora sempre più frequenti.
La riforma segnò anche la sparizione de facto (e in seguito anche nominale) della divisione tripartita dell’esercito manipolare in hastatiprincipes triarii. Tutti i legionari indossarono lo stesso equipaggiamento, fornito dallo Stato insieme al salario, quello tipico dei principes dell’esercito manipolare.
I legionari indossavano una corazza a maglia di ferro, un elmo, lo scutum, il gladius, due pila ed un pugnale, così come si può dedurre, oltre che dalle fonti scritte, quali il Polibio, dalla fonte iconografica dell’ara di Domizio Enobarbo, conservata al museo Louvre di Parigi.


Basetta del centurione, al cui fianco è presente il signifer

Armi di difesa

L’armatura del legionario era costituita da una cotta di maglia formata da anellini di ferro intrecciati in vari modi tra loro. Gli anellini, detti hami, avevano una sezione piatta o circolare con un diametro esterno dai 3 ai 10 mm; in una lorica potevano essercene da 10.000 a 30.000.
La lorica hamata arrivava fino a metà coscia, aveva delle corte maniche e spesso una protezione supplementare (humeralis) a forma di “U” che copriva la schiena, scendeva sulle spalle ed arrivava fino al torace, dove era fissata attraverso due ganci ad “S” su due bottoni posti sulla maglia all’altezza del petto.
Ai bordi della lorica, delle strisce di pelle (pteruges) coprivano gli avambracci e le cosce.
Il legionario inoltre portava un grosso cinturone (balteus, più raramente cingulum) in cuoio con borchie in ferro che aiutava a scaricare il peso della lorica, circa 10-15 kg, sui fianchi.
Sotto la cotta veniva indossata una tunica con le spalle foderate.
L’origine della cotta di maglia è incerta ma è probabile che sia di origine celtica (Varrone, De Lingua Latina, Liber V, 24, 2).


Sulla testa il legionario metteva un elmo di bronzo, il cassis, dotato di paragnatidi per proteggere il volto ma che non disturbava la sua visuale, l’udito e la respirazione. Lo stesso legionario metteva sull’elmo alti pennacchi neri.
A difesa del corpo, il legionario portava uno scutum ligneo, di forma ovale e piatto. Lo scudo aveva una nervatura centrale in legno (spina) ed al centro una borchia metallica, l’umbone (umbo). Le dimensioni dello scudo erano tali da coprire molto il legionario: 75 x 120 cm circa.
La superficie esterna era coperta da lino oppure da pelle di pecora o di vitello mentre i bordi inferiore e superiori erano rinforzati con ferro o rame contro i colpi a fendente. Il tutto pesava dai 5 ai 10 kg.

Armi di offesa

La principale arma di offesa era il gladius hispaniensis: lungo dai 60 ai 68 cm, aveva l’impugnatura lignea o ossea e veniva portato a destra del cinturone. Rispetto ad altri modelli di gladio, questo di origine spagnola aveva una forma sinuosa. Il gladio veniva utilizzato per infilzare il nemico, e questo spiega la sua lunghezza ridotta rispetto alle spade lunghe utilizzate per portare fendenti. Tuttavia, il gladio era affilato su entrambi i lati e poteva essere utilizzato anche come arma da taglio.


Basetta del legatus

Prima di iniziare il corpo a corpo, i legionari, giunti fin sotto lo schieramento nemico, lanciavano due pila, la cui gittata era appunto di 15-30 metri.
Il pilum era formato sostanzialmente da un’asta di legno lunga circa 140 cm e da un sottile e lungo gambo in ferro di 30-40 cm, che terminava con una punta di spessore superiore al gambo. Il gambo della punta metallica e l’asta lignea erano accoppiati tra loro da un sistema di bloccaggio a rivetto in ferro con la spina di legno.
Dopo essere stato scagliato, il pilum avrebbe urtato presumibilmente contro lo scudo degli avversari. Come prima cosa, con l’urto del pilum sullo scudo si sarebbe rotta la spina di legno: questo avrebbe fatto sì che il pilum si sarebbe piegato nella cerniera di raccordo tra il gambo metallico della punta e l’asta lignea. Conficcato e piegato nello scudo del nemico, questi lo avrebbe abbandonato perché intralciato nei movimenti. Inoltre, la rottura della spina avrebbe fatto sì che il nemico non avrebbe potuto raccogliere il pilum e scagliarlo nuovamente verso i romani. Infine, qualora la punta del pilum avesse bucato lo scudo degli avversari, la punta sarebbe comunque arrivata a colpire il nemico riparato dietro allo scudo, perché il gambo, più sottile della punta, sarebbe passato agevolmente all’interno della fessura aperta dalla punta.
Chiudeva l’armamento del legionario un piccolo pugnale, il pungis, di origine ispanica, portato sul lato sinistro, usato come arma di riserva, per dare il colpo di grazia al nemico o come utensile quotidiano.


Alea iacta est. Cesare attraversa il Rubicone in armi

Bibliografia

Giuseppe Cascarino, L’esercito romano. Armamento e organizzazione da Augusto ai Severi, vol. II, Il Cerchio, 2008.

Figurini

Italeri 6021 (1/72) – 34 modelli di fanteria + 1 legatus a cavallo.
A questi ho aggiunto i due legionari repubblicani presenti sulla scatola Italeri 6028 (cavalleria) e due legionari imperiali (opportunamente pitturati, ma riconoscibili dalla diversa tipologia di elmo) della Italeri 6047 (fanteria imperiale).

Colori

Per la scelta cromatica, sono state seguite le indicazioni sul retro della scatola.
Gli smalti sono quelli suggeriti, della stessa marca.

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