La Lega sannitica, o più semplicemente i Sanniti, era una
confederazione di quattro tribù di stirpe osca: Caudini, Irpini, Pentri e
Carricini. Il loro vasto territorio (il cui nucleo comprendeva l’attuale
Campania) era delimitato a sud e a est dal Tavoliere delle Puglie, più a nord
dai monti della Maiella nell’alto Abruzzo, a nord-est dai territori dei Piceni
e degli Umbri, a nord-ovest dei Sabini, ad ovest dalle terre dei Volsci, degli
Aurunci, dei Sidicini e dei Latini e dal Mar Tirreno.
Armamento
Legio Linteata
Consistenza numerica
Bibliografia
Figurini
Il
territorio occupato dalla confederazione sannita si espanse progressivamente
fino a toccare il basso Lazio. Nel 343
a.C. i Sanniti occuparono la città etrusca di Capua. Questi chiesero aiuto
a Roma che, nonostante avesse siglato un trattato di amicizia con i Sanniti nel
354 a.C., accolse la richiesta di aiuto degli Etruschi, dando inizio alla Prima
Guerra Sannitica.
Evolutasi
dall’antica forma di guerra tribale, ove era la massa dei guerrieri che
affrontava il nemico, in epoca storica (cioè all’epoca delle Guerre Sannitiche
raccontate da Tito Livio, principale fonte sull’organizzazione dei Sanniti) la
fanteria sannita era organizzata in coorti composte da 400 armati e combatteva
con la tattica manipolare. Proprio gli iniziali successi contro i Romani
sembrano avvalorare l’ipotesi che essi operassero mediante formazioni aperte,
leggere e mobili, piuttosto che secondo schieramenti rigidi come una falange
serrata, formazioni che meglio si adattavano al territorio montuoso del Sannio.
Armamento
Il
territorio sannita era prevalentemente montuoso. Perciò il loro armamento non
dovette essere troppo pesante. Al di là delle falangi oplitiche, l’armamento
difensivo della fanteria media sannita comprendeva (secondo Diodoro Siculo) una
corazza, un elmo e lo scudo.
Fanteria pesante sannita.
armata come gli opliti greci e con l’elmo adorno di piume di aquila. La corazza
degli opliti della prima fila è quella formata da tre dischi di bronzo.
Il
petto del fante era protetto da una piastra rotonda di circa venti centimetri
di diametro (talvolta decorata con la figura di un animale) oppure tre dischi
più piccoli legati tra loro da una serie di fibbie in metallo e lacci in cuoio
che si intrecciavano sulle spalle e sotto le ascelle.
Sotto l’armatura indossavano una tunica a maniche corte di lino o di pelle che
copriva il torace fino ai fianchi. Spesso indossavano una larga cintura in
pelle munita di fibbie in bronzo.
Gli elmi erano di varia fattura, ed erano ornati, soprattutto quelli degli ufficiali, da pennacchi e piume di aquila.
Lo scudo era di forma ellittica allungata, diviso verticalmente in due da una nervatura con un umbone al centro (lo scutum), realizzato con giunchi intrecciati e ricoperto di pelle di pecora all’esterno.
Gli elmi erano di varia fattura, ed erano ornati, soprattutto quelli degli ufficiali, da pennacchi e piume di aquila.
Lo scudo era di forma ellittica allungata, diviso verticalmente in due da una nervatura con un umbone al centro (lo scutum), realizzato con giunchi intrecciati e ricoperto di pelle di pecora all’esterno.
L’armamento
si alleggeriva per le formazioni non impiegate nel combattimento diretto,
perdendo prima la corazza, poi anche l’elmo.
Le
armi di offesa di cui erano dotati i soldati comprendevano una corta spada e
un’asta da urto, affiancata eventualmente da un giavellotto, che diveniva
l’unica arma nelle fanterie leggere utilizzate per ghermire gli avversari.
Legio Linteata
La
Legio
Linteata
era una casta di guerrieri scelti dell’esercito Sannita, formata sul modello
del Battaglione Sacro tebano. Selezionati tra i guerrieri che si erano
dimostrati più valorosi e capaci in battaglia, questi facevano un voto alle
divinità protettrici sannite di difendere il proprio popolo a costo della vita
(devotio).
L’iniziazione
dei nuovi componenti della Legione (descritta nelle Storie di Tito Livio, Libro X) avveniva tramite un rituale
durante il quale l’adepto prestava giuramento di fedeltà alla Legione stessa e
dove consacrava la propria vita alla battaglia in difesa del proprio popolo. Il
giuramento prevedeva anche la pena capitale per atti di diserzione, codardia e
insubordinazione.
Legio Linteata. Il
grande scudo ellittico, tipico dei sanniti, e lo stendardo riportano i colori e
le forme della bandiera sannita, così come sono deducibili dagli affreschi presenti
nella tomba del Guerriero di Paestum.
La
panoplia, ripresa dagli opliti greci con cui ebbero contatti, era composta da
una corazza formata da tre dischi bronzei, legati tra loro e disposti a
triangolo, sia nella parte anteriore sia nella parte posteriore.
Alti schinieri proteggevano le gambe; la testa era riparata da un elmo di varie
fatture su cui venivano fissati in cima dei pennacchi per far sembrare più alti
i guerrieri mentre sui lati venivano praticati fori per infilarci piume di
aquila.
Infine, lo scudo argivo tipico di tutti gli opliti del Mediterraneo.
Infine, lo scudo argivo tipico di tutti gli opliti del Mediterraneo.
Armi
di offesa erano la spada e l’asta.
Consistenza numerica
Secondo
Polibio, all’inizio della Seconda Guerra Punica (218 a.C.) l’esercito sannita,
alleato dei Romani, era composto da 70.000 fanti e 7.000 cavalieri.
Secondo
Tito Livio, nel 293 a.C., per la scelta dei membri della Legio Linteata, si
radunarono ad Aquilonia 60.000 uomini. Di questi ne vennero scelti 16.000 ed
altri 20.000 per altre formazioni per un totale di 36.000 armati.
Bibliografia
§ E. T. Salmon, Il Sannio ed i Sanniti, Einaudi,
Torino 1995.
§ Giuseppe Micali, Storia degli antichi popoli italiani,
Tipografia all’insegna di Dante, Firenze 1832.
Figurini
Hat
8040 (1/72) – Fanteria Italica, 8 pose (una posa viene esclusa perché serve a
formare la falange etrusca).